#SISMA #DISSESTI & INTERVENTI
Dall’esempio di Palladio ai giorni nostri, linee-guida per affrontare dissesti ed interventi
Alcune riflessioni e risultanze del ciclo si seminari a cura dell’Ordine degli Ingegneri di Vicenza
L’Ordine degli Ingegneri di Vicenza e provincia ha organizzato venerdì 26 e sabato 27 gennaio un seminario dedicato alle criticità causate dal sisma e alle pratiche per intervenire nelle strutture danneggiate con competenza, efficacia, rispetto. Relatore unico è stato MASSIMO MARIANI, membro del Consiglio Nazionale Ingegneri, che, sulla scorta di una lunga e riconosciuta competenza a livello nazionale, ha parlato del territorio vicentino e di quello nazionale, illustrando casi concreti di dissesto e successive modalità operative, differenziate a seconda della struttura e della sua storia.
«Mariani – ha commentato il presidente dell’Ordine Ingegneri Vicenza, Pietro Paolo Lucente – ha offerto un approfondimento sapiente, partendo dall’esempio storico a noi vicino, quello del Palladio, perfetta coniugazione di estetica e solidità strutturale arrivata intatta ai giorni nostri, e coprendo l’arco temporale dei maggiori sismi italiani, dal 1859 fino ai disastri recenti in Italia centrale, dove sta operando con incisiva efficacia; ha trasmesso, nei due giorni di seminario, esperienze, risultati dei suoi studi, riflessioni ed il racconto delle sue azioni sul campo. Ne abbiamo ricavato un ricco bagaglio, non solo per aggiornarci sulle tecniche di intervento più idonee, ma anche per ricordarci che, per agire con efficacia, dobbiamo ricorrere imprescindibilmente, sempre alla prevenzione».
I punti salienti del seminario – Mariani ha preso in esame varie tipologie di dissesto strutturale conseguente ad un sisma (e considerando anche le criticità accumulate da sismi precedenti), sia su edifici civili di normale dimora, sia religiosi e di valore archeologico, sottoposti a tutela.
«Qui a Vicenza – città in cui torno sempre con piacere, approfittando per regalarmi un “tour palladiano” – il rischio a cui si è più sensibili è quello idrogeologico, ma vi ricordo che non c’è zona d’Italia che sia immune a quello sismico. E proprio Palladio ci insegna ancora quanto sia importante progettare e costruire con scrupolo: i suoi edifici monumentali e le sue ville sono solidamente in piedi a distanza di secoli. Vero è che la ricca committenza gli permise di non lesinare sulla qualità dei materiali, ma mise in campo anche soluzioni efficaci come grandi volti, doppi colonnati, pilastri, dimostrando di essere non solo un grande architetto, ma anche un eccellente tecnico e oggi non gliene si rende merito abbastanza.
Il 25 aprile 1695 ne territorio fra trevigiano e vicentino vi fu un sisma terribile, 6.6 sulla scala Richter, oltre 400 morti: nessuna conseguenza sulle ville di Palladio. L’ho verificato personalmente, andando di nuovo e con attenzione alla ricerca di “cicatrici” sulle strutture, successive alle ferite derivate dal quel terremoto, senza trovarne traccia. Ciò testimonia inequivocabilmente che quest’uomo conosceva la tecnica delle costruzioni: se erette nel rispetto della giusta solidità strutturale, sono naturalmente antisismiche. Quindi con Palladio si coniuga perfettamente estetica e resistenza, sia nelle geometrie, che nei materiali; questo si deve anche alla sua storia professionale, che, da figlio di uno scalpellino, transita attraverso la conoscenza dei materiali, la costruzione e la crescita culturale come architetto».
«Uno dei problemi principali in Italia, visto il suo patrimonio artistico, è riuscire a conservare l’esistente. Ma vanno riviste parecchie metodologie, ad esempio l’indice di vulnerabilità sismica, che si calcola guardando alla frequenza, ai tempi di ritorno. Non ha senso: tutta l’Italia è a rischio e il fatto che in alcune aree i terremoti non siano “pane quotidiano” (come la povera Umbria) ma si verifichino anche a distanza di decenni, non riduce la loro potenza distruttiva. In altre parole: ne basta uno, forte, per fare un disastro: i tempi di ritorno vanno a sottovalutare questo aspetto. Per cui oggi, ribadisco, non ha senso che le normative ignorino quasi totalmente – in particolare in tutta l’edilizia spontanea delle nostre città – l’accelerazione verticale, che costituisce un altro terremoto in sé, da aggiungere a quello ipotizzato sul piano orizzontale. La normativa dovrebbe essere quantomeno integrata. Infine ho paura degli schemi, del determinismo definito dalla modellazione fisico-matematica esasperata su strutture che si disgregano, del monotematismo di intervento: occorrono più tecnologie coesistenti, così come debbono coesistere le riflessioni degli esperti».
Massimo Mariani, già componente del Consiglio Direttivo della Scuola Superiore e Centro Europeo di Formazione per l’Ingegneria, è ora nel Consiglio Direttivo del Centro Studi del CNI; presidente dell’E.C.C.E. – Consiglio Europeo degli Ingegneri Civili, componente del Comitato Tecnico-Scientifico per il Sisma in Italia Centrale per il Commissario Straordinario per la Ricostruzione e autore di numerose pubblicazioni e volumi sul Restauro e Consolidamento degli edifici, è titolare dello Studio per le Ricerche Applicate a Perugia.
Mariani ha operato lungamente (e tuttora) nell’ambito dei dissesti in ambito sismico e idrogeologico in Italia e all’estero; spicca l’intervento a contenere la slope (pendenza) della città assiro –babilonese di Erbil, nell’altopiano del Kurdistan iracheno. Dopo i terremoti in Italia centrale, ha applicato le sue competenze al recupero di numerose strutture danneggiate, tra cui – per citare esempi recenti – l’arco etrusco che immette in Perugia e il rosone della chiesa di San Francesco a Norcia (già parzialmente crollata), fissato alla facciata grazie ad una applicazione a distanza di poliuretano espanso (successivamente removibile con facilità).
(fonte: Ordine Ingegneri Vicenza)