Storia: la prima norma di prodotto

L’importanza della normazione: un po’ di storia

La prima Norma di prodotto risalente a circa 2400 anni fa in Grecia, con specifiche tecniche su materiali e loro garanzie di origine, controlli delle forniture, certificazione di qualità, sicurezza in cantiere.

Ce la trasmette l’architetto Filone (318 a.C.) impressa sulla stele di Eleusi


Per definizione, le norme forniscono un mezzo per comunicare le necessarie conoscenze tecniche comuni in modo uniforme ed ampio. Esse trovano spazio in ogni livello e in ogni ambiente della società.

Il livello di normalizzazione in ogni contesto umano è un indicatore del suo grado di sviluppo: sono infatti da considerare norme anche la lingua, la scrittura, i numeri, il sistema monetario, il sistema metrologico, i riferimenti per la navigazione, i sistemi di comunicazione ecc.

In questa luce la norma diventa parte integrante di ogni sistema tecnico complesso e il fondamento di tutte le forme di commercio.

Il secondo gruppo di norme, più propriamente riconoscibili nelle norme di prodotto iniziò ad emergere con l’avvento della rivoluzione industriale. Si tratta di norme di buona prassi per la costruzione di determinati prodotti ed attrezzature di misura.

Ma l’antesignana della Norma di prodotto risale a circa 2400 anni fa in Grecia. Ha origine ad Eleusi, la città dei misteri.

Nel 318 a.c. Demetrio Falereo, governatore di Atene, incaricò l’architetto Filone, l’archistar dell’epoca, di realizzare un portico (uno stoà) con 12 colonne davanti al Telesterion, la grande sala dei misteri ad Eleusi.

Un’opera di “alta qualità” che desse lustro a Demetrio sfruttando la notorietà dei misteri eleusini in tutta la Grecia. Filone, che era un architetto preciso ed è ricordato da Vitruvio per la perfetta proporzione dei templi che realizzava, si premurò di fare anche in questo caso una bella figura e mise per iscritto le regole per i costruttori dedicandosi anche alla qualità dei materiali.

Oltre a precisi riferimenti all’utilizzo dei materiali (tradizionali ed innovativi come il metallo), Filone fornisce chiare e precise indicazioni sui sistemi di fissaggio tra i vari elementi strutturali, in grado di assolvere anche ad una funzione antisismica. Predispose dunque una vera e propria specifica tecnica e la fece incidere su una stele in marmo bianco. La stele venne scoperta nel 1893 dall’archeologo Filios e si trova ancora oggi nel museo di Elefsina.

Dice testualmente la norma:

Per il santuario di Eleusi devono essere fatti empolìon e pòlos di bronzo per unire i conci delle colonne nello stoà.

Per ogni giunto due empolìon ed un pòlos [sistemi di fissaggio in bronzo]*; il primo empolìon alla base della colonna deve essere di sei dita di lato ben cubico, quello più alto di cinque dita di lato e quelli intermedi si alterneranno in parti uguali tra le due dimensioni. I pòlos devono essere cilindrici, lunghi cinque dita alla base della colonna e con diametro di due dita; alla sommità lunghi un palmo (quattro dita) ed con un dito e mezzo di spessore. Quelli intermedi si alterneranno in parti uguali tra le due dimensioni.

Il fabbricante userà rame di Marion: la lega, che sarà fatta di dodici parti, ne avrà undici di rame ed una di stagno. Egli consegnerà i blocchi puliti e squadrati sui quattro angoli e renderà tondi i pòlos su un tornio secondo il modello fornito.

Dovrà assicurarsi che siano dritti e perfettamente rotondi infilandoli negli empolìon e verificando che possano ruotare senza deviazioni.

Le offerte per il contratto devono essere fatte [con un prezzo] per mina (unità di massa) di bronzo ed il fabbricante peserà il bronzo alla presenza costante di una commissione di costruzione oppure del controllore pubblico o del supervisore del sito.

Dovrà fornire il lavoro senza intralciare coloro che lavorano alle colonne. Il prezzo accettato è di 5 oboli e 3 quarti per mina.

*in sostituzione dei tradizionali perni in legno troppo debole per sostenere le spinte orizzontali

Che cosa manca a questa norma nel confronto con le norme ancora oggi in uso? Poco o niente, infatti sono presi in considerazione:

• il prodotto, la sua numerosità e la sua destinazione d’uso;

• le dimensioni per ogni elementi da produrre;

• la forma precisa con riferimento al modello;

• la lavorazione (il processo di produzione);

• il materiale di base e la sua garanzia di origine;

• le condizioni di fornitura;

• i controlli prima della fornitura;

• le modalità di presentazione dell’offerta;

• la certificazione delle quantità fornite;

• la buona conduzione di due processi con reciproca interferenza;

• il prezzo di riferimento.

Il documento (di 2400 anni fa) può considerarsi  un piccolo capolavoro per  la precisione con cui  definisce alcuni elementi chiave.

All’epoca non esistevano metodi di analisi chimica, quindi la composizione di un materiale doveva essere basata sull’esperienza maturata nel tempo dai suoi utilizzatori.

La cava di Marion (isola di Cipro) era ben nota perché se ne estraeva un minerale pulito, privo di elementi estranei, con un buon contenuto di rame.

L’uso di questo minerale è un ottimo criterio, ancorché empirico, per definire la qualità del metallo Le proporzioni precise: “in dodici parti, undici delle quali di rame ed di stagno”, portano ad una percentuale di circa l’8,3% e una di stagno che fornisce un bronzo con buona duttilità, ma abbastanza duro.

Quantità maggiori di stagno avrebbero reso il bronzo più duro, ma lo avrebbero reso troppo caro, infatti il prezzo dello stagno era circa 6 volte e mezzo quello del rame.

Da notare anche il riferimento alla lavorazione del pòlos. Erano evidentemente in vigore delle “norme” di definizione delle unità di misura ed il dito, a cui oggi viene attribuita una lunghezza media di 18 mm, doveva esser standardizzato; quasi sicuramente esistevano campioni di questa unità di lunghezza e dei suoi multipli, affissi nei principali mercati per consentire sia ai compratori che ai venditori l’accesso ad un “centro di taratura” riconosciuto.

Tuttavia Filone ritenne importante fornire un modello del pòlos e richiedere al fabbricante di tornire ogni pòlos secondo tale modello e di verificarne poi la rettilineità e la tolleranza “infilandoli negli empolìon e verificando che possano ruotare senza deviazioni”.

Il professor Varoufakis dell’Università di Atene, autore di un articolo sulla stele di Eleusi, suggerisce che dovesse essere in atto un buon sistema di controllo della qualità in grado anche di valutare la resistenza meccanica del pòlos tramite sistemi empirici ma ripetibili.

Un ulteriore elemento di garanzia delle prodotto è la “certificazione” di terza parte indipendente, fornita da “una commissione di costruzione oppure del controllore pubblico o del supervisore del sito” alla cui presenza costante il fabbricante deve pesare il bronzo delle singole forniture.

Infine è particolarmente interessante il fatto che la norma tecnica introduca anche elementi riconducibili alla buona gestione del cantiere ed in particolare alla sicurezza del lavoro. La penultima frase della norma “dovrà fornire il lavoro senza intralciare coloro che lavorano alle colonne” è tanto un antesignano del nostro DUVRI, quanto un riferimento alla qualità del processo di produzione, richiedendo la non interferenza tra le due lavorazioni afferenti allo stesso processo di innalzamento delle colonne.

Per approfondire consulta il dossier

Dossier UNI “Le norme nel settore della siderurgia”

(fonte: UNI)