ISI sul Nuovo Codice dei Contratti – Dal patrimonio esistente all’assenza di manutenzione.

Nuovo Codice dei Contratti: alcune riflessioni di ISI sulle criticità.
Dal patrimonio esistente all’assenza di manutenzione.

Premessa.
Lo scorso 31 marzo è stato pubblicato in GU n. 77 (supplemento ordinario n 12 del 31 marzo) il Decreto legislativo n 36 recante il Codice dei contratti pubblici in attuazione dell’articolo 1 della legge 21 giugno 2022, n. 78 – delega al Governo in materia di contratti pubblici. Il nuovo Codice  entra in vigore dal 1 aprile 2023 ed è efficace dal 1 luglio 2023, data in cui sarà infatti abrogato in Codice precedente (Dlgs n.50 del 18/4/2016)

Il nuovo Codice ha sollevate molte critiche ed osservazioni, da parte del mondo delle professioni (RTP)  e non solo. Tra le tante vogliamo riferire sulle osservazioni sollevate dall’Associazione ISI

ISI – Ingegneria Sismica Italiana – esprime preoccupazione per gli sviluppi che potrebbe avere il nuovo codice dei contratti pubblici, così come formulato nel D.lgs. 36 2023. In particolare, pur comprendendo l’intento ben espresso nei primi tre articoli (principio del risultato, principio della fiducia, principio dell’accesso al mercato) sui quali si basa tutto il resto del codice, ISI ritiene che alcuni passaggi potrebbero generare un effetto esattamente opposto rispetto all’intento: ritardi, aumento dei costi, scarsa qualità del risultato.

Gli aspetti critici si riassumono di seguito.

Il patrimonio esistente e l’importanza della conoscenza.
Risulta evidente come tutta l’impostazione del codice sia basata sulle nuove opere; nel nostro paese non possiamo però prescindere dal patrimonio edilizio esistente, dalle sue peculiarità e necessità. Si pensi per esempio ai borghi storici, vero patrimonio italiano, o a tutti gli edifici con funzioni pubbliche all’interno dei centri cittadini. Per essi, seppure a volte sia auspicabile la rigenerazione e quindi la configurazione come “nuova opera”, risulta necessaria la manutenzione e l’intervento sull’opera esistente.

Con il nuovo codice dei contratti il quadro economico viene formulato nelle fasi preliminari e non all’atto della progettazione definitiva come in precedenza; questo per un’opera nuova può essere condivisibile, in quanto le incertezze sono ridotte alla sola opera di progettazione, ma sull’esistente rappresenta un’incertezza difficilmente gestibile.

Le normative tecniche per le costruzioni (NTC2018) ammettono per gli interventi sulla costruzione esistente una conoscenza di quest’ultima variabile significativamente in funzione delle indagini, diagnostica e ricerche effettuate; a ogni livello di conoscenza è associato un coefficiente di sicurezza: tanto più si conosce la struttura, quanto più si possono abbattere i coefficienti di sicurezza da utilizzare per le verifiche. Su uno stesso elemento, la differenza tra un livello di conoscenza alto e uno basso incide per circa il 35% sulla bontà delle verifiche. Ciò significa che una corretta conoscenza della struttura o infrastruttura esistente, a norma di legge, può incidere notevolmente sulla spesa finale dell’opera; così come una cattiva valutazione iniziale può far cambiare il progetto in maniera significativa con aumenti di spesa e ritardi in quanto si presenteranno imprevisti durante l’esecuzione.

Impostare il quadro economico e le voci di spesa per la conoscenza all’inizio, potenzialmente senza neppure aver visto l’opera, pone un’incertezza enorme sul buon esito della progettazione e dei lavori, prestando il fianco a varianti, contenziosi, responsabilità professionali del RUP, della stazione appaltante, del progettista e del direttore dei lavori.

La necessaria manutenzione e l’assenza nel costo dell’opera.
La manutenzione dell’opera da realizzare compare solo come documento necessario per la progettazione, ma non è mai computata in termini economici né inserita all’interno del quadro economico QE.

La normativa tecnica per le costruzioni NTC 2018 utilizza alcuni parametri per definire la sicurezza di una costruzione. Uno di questi è la vita nominale (Vn), intesa come il numero di anni nel quale la struttura, purché soggetta alla manutenzione ordinaria, deve potere essere usata per lo scopo al quale è destinata. Per esempio, un edificio o un ponte devono avere una vita nominale di almeno 50 anni e in questo arco di tempo deve essere garantita, attraverso la manutenzione, la corretta usabilità e funzionalità dell’opera.

L’opera deve quindi essere vista nel suo ciclo di vita e il suo costo non può prescindere dagli oneri per la manutenzione, soprattutto in questo periodo storico in cui le stazioni appaltanti hanno necessità di pianificazione sia economica che di servizi. Troppe volte negli ultimi anni si sono manifestate chiaramente le conseguenze dell’assenza di manutenzione.

Affidamento diretto e adeguate professionalità.
L’affidamento diretto anche con soglie elevate, sebbene risulti comprensibile nell’ottica dei principi generali che regolamentano il codice, sotto diversi aspetti è non condivisibile. Il motivo principale è che la rete delle professioni tecniche ha una possibilità di accesso al mondo delle opere pubbliche molto orizzontale, non verticale basata su specifiche capacità che invece risultano sempre più dirimenti. In sostanza, l’unico vincolo del fatturato porta a un’apertura pericolosa anche verso professionisti che non hanno specifici requisiti di capacità: progettare o dirigere i lavori su un’opera nuova non è la stessa cosa che farlo sul patrimonio esistente, così come risulta ancora diverso il mondo delle infrastrutture, della viabilità o delle reti.

Inoltre, il problema potrebbe venire accentuato nell’affidamento all’impresa esecutrice con la formula della progettazione esecutiva PE ed esecuzione, quando a monte c’è il solo progetto di fattibilità tecnica ed economica PFTE: se quest’ultimo non è redatto in maniera rigorosa (e per sua natura difficilmente il PFTE può esserlo, soprattutto per interventi su opere esistenti) si apre la strada a varianti e contenziosi.

Note sulla sismica.
Infine, alcune note nello specifico per quanto riguarda l’approccio alla sismicità del nostro paese.

L’articolo 42 pone in capo alla verifica anche l’autorizzazione sismica ora demandata alle strutture decentrate competenti (ex genio civile). Si rischia in questo modo da una parte di perdere il grande patrimonio di conoscenza delle strutture di controllo terze e superpartes, dall’altra, soprattutto per opere modeste o stazioni appaltanti piccole, di affidare la verifica a professionalità non adeguate.

L’articolo 140 definisce le procedure di somma urgenza per le quali il codice ammette ulteriori semplificazioni in deroga alle procedure ordinarie. Interessante notare che tali procedure possono essere attivate anche allo scopo preventivo nei confronti di tutti gli eventi di cui all’articolo 7 del codice della Protezione Civile (D.lgs. 2 gennaio 2018 n° 1), quindi, paradossalmente, anche per qualsiasi intervento di riduzione del rischio sismico.

Da ultimo, interessante notare che nell’allegato I.7, nel punto in cui si parla dei calcoli delle strutture (articolo 26), vengono (sicuramente per una svista) citate esclusivamente le verifiche statiche e non tutto quanto richiesto dalla specifica normativa tecnica per le costruzioni (NTC2018), ivi comprese le verifiche nei confronti delle azioni sismiche.

 

ISI – Ingegneria Sismica Italiana dal 2011 coinvolge aziende e progettisti specializzati nell’ingegneria sismica in un gruppo dinamico e motivato. La mission è svolgere un ruolo di divulgazione della cultura della protezione sismica e la promozione del lavoro degli associati, comunicando allo stesso tempo con gli organi ufficiali, istituzioni ed enti normatori, la comunità accademica e scientifica, il mondo industriale e quello dei professionisti. La strutturazione in gruppi di lavoro e il supporto di un Comitato Scientifico d’eccellenza consentono CONCRETEZZA, COMPETENZA e CAPACITÀ DIVULGATIVA.